Di origini modeste, Vincenzo Cabianca nasce a Verona, dove compie i primi studi presso il seminario e, dal 1842, all’Accademia di Belle Arti, con la guida di Giovanni Caliari. Nel 1846 passa all’Accademia di Venezia dove segue, con poca convinzione, i corsi del Clementini. La città lagunare non lascia conseguenze visibili nella sua pittura, se non un certo interesse per le espressioni del Settecento veneziano e l’avviarsi della predilezione per il soggetto di genere, precisatosi negli anni successivi.
Nel 1848 è coinvolto dai moti di liberazione; nel 1849 partecipa alla difesa di Bologna. Nel 1853, forse per motivi politici, si trasferisce a Firenze dove, con Severini e Borrani, si lega al nascente gruppo macchiaiolo, frequenta il Caffè dell’Onore e, dal 1855, il famoso Caffè Michelangelo.
I primi esperimenti di pittura dal vero non hanno immediata rispondenza nella sua pittura, legata, fino al 1857/58, agli schemi compositivi e agli equilibri formali della pittura accademica di genere, esemplificata dalle opere che presenta regolarmente alle promotrici fiorentine. Progressivamente tuttavia, Cabianca approfondisce l’interesse per la costruzione dell’immagine tramite i valori cromatici e luministici, prima adattato a quadri di genere, come “Abbandonata”, del 1857, e “Goldoni giovinetto”; poi, durante l’estate 1858 trascorsa a La Spezia con Signorini, ad opere eseguite “en plein air”.
Tra 1859 e 1860, insieme a Banti, s’impegna in vere e proprie “spedizioni pittoriche” nella campagna tra Montemurlo e Piantavigne, riflettendo a fondo e applicando le nuove teorie “della macchia”. Quadri come “Rovine di San Pietro a Portovenere” e “Le monachine”, esposto a Torino nel 1861, sono tra i suoi capolavori, e ne fanno uno dei pittori emblematici della fase iniziale della vicenda macchiaiola.
Nel 1861 Cabianca visita Parigi insieme a Telemaco Signorini, senza restarne particolarmente impressionato; l’anno seguente torna in Toscana e dipinge a Montemurlo; non abbandona tuttavia il soggetto storico-accademico, se all’esposizione di Firenze del 1861 presenta i “Novellieri fiorentini del secolo XIV”. La componente accademica si fa più evidente durante il soggiorno a Parma protrattosi per circa sette anni, dal 1863, con frequenti visite a Firenze e a Roma, dove si trasferisce nel 1870, stringendo amicizia con Nino Costa e ricominciando a dipingere dal vero piccoli quadri condotti secondo la tecnica macchiaiola.
Nella fitta produzione degli anni Settanta e Ottanta troviamo belle prove pittoriche risalenti ai soggiorni presso Diego Martelli a Castiglioncello, e i molti paesaggi della campagna intorno ad Anzio e Nettuno. Nel 1876 è tra i fondatori della Società degli Acquerellisti, nel 1886, insieme a Coleman, Costa, De Maria aderisce al gruppo romano antiaccademico “In Arte Libertas”. Nel 1893 una paralisi lo costringe ad una quasi totale inattività.
Testi: Gioela Massagli
© Studio d’Arte dell’800