Dopo aver completato le scuole elementari Galileo Chini si iscrive ad una scuola d’arte e alla morte del padre svolge un periodo come apprendista presso uno zio restauratore; contemporaneamente nel 1890 si iscrive alla Libera Scuola di Nudo dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove avrà occasione di conoscere Plinio Nomellini e Telemaco Signorini. Alla morte dello zio assume la direzione dell’impresa familiare, riuscendo ad ottenere diversi incarichi dalla Sovrintendenza.
Nel 1896 la storica manifattura fiorentina Doccia dei marchesi Ginori fu venduta all’industriale milanese Richard. Proprio in quell’anno Chini, insieme ad altri quattro amici, pose le basi per una piccola fabbrica di manufatti in ceramica, denominata “Arte della Ceramica”. Nonostante le ridotte capacità della piccola manifattura, le opere che vi vennero prodotte si rivelarono di straordinaria qualità ed impressero un mutamento profondo alla produzione italiana, dando una nuova fisionomia alla maiolica nazionale: le ceramiche della manifattura ebbero larga diffusione, imponendosi sia nei mercati europei che negli Stati Uniti. In questi stessi anni Chini partecipò anche alle Esposizioni Universali di Londra, di Torino e alle Biennali di Venezia, più precisamente dalla quarta, alla dodicesima, e fra i vari lavori di decorazione sono certamente da ricordare quelli svolti per i palazzi della Cassa di Risparmio di Pistoia, di Arezzo e di Firenze.
Dal 1911 al 1914 fu chiamato a Bangkok, per decorare la Sala del Trono del re del Siam e successivamente ottenne un grande riscontro quando ebbe l’incarico di decorare i pannelli della Sala Centrale alla XI Biennale di Venezia: è a questo punto della sua carriera che Chini viene considerato il “pittore ufficiale” della Biennale. Molto impegno lo dedicò anche alle decorazioni scenografiche: il suo lavoro si propose di rinnovare gli sfarzi un po’ pesanti delle antiquate scenografie barocche, riuscendo ad imprimere il nuovo linguaggio Liberty: al ritorno dal Siam, creò le scenografie per la Turandot di Giacomo Puccini.
Nel 1909 assunse la cattedra di Pittura all’Accademia Libera di Roma e nel 1911 ottenne lo stesso incarico a Firenze; intorno agli anni trenta Chini soffre di una crisi interiore, il ruolo di artista ufficiale si appanna e la sua ricerca ritorna verso quel periodo in cui aveva frequentato gli artisti macchiaioli. Ha inizio così una stagione particolarmente felice, caratterizzata da piccole composizioni ispirate dal paesaggio, stagione che lo accompagnò fino alla fine.
Testi: Cecilia Iacopetti
© Studio d’Arte dell’800